domenica 20 aprile 2008

Ad una settimana dal voto...

Ad una settimana dal voto, facciamo il punto della situazione, considerando ed interpretando i principali fenomeni emersi dall’esito delle urne.

1) La netta vittoria del Popolo delle Libertà, ossia Forza Italia + Alleanza Nazionale, ultima operazione di marketing di Silvio Berlusconi, capo di questo cartello elettorale.
Tale partito insieme alla Lega Nord di Umberto Bossi ha ottenuto oltre 17 milioni di voti alla Camera. Circa 3 milioni e mezzo in più dell'alleanza Pd e IdV, che sosteneva Veltroni. Una interpretazione di questo risultato, che condividiamo pienamente, è quella fornita da Ezio Mauro, nel suo editoriale pubblicato su Repubblica il 16 Aprile. Egli scrive: Cos'è questa capacità (di Berlusconi) di mordere nel profondo del Paese, e di tenerlo in pugno? In un'Italia che non ha mai nemmeno rivelato a se stessa la sua anima di destra, ombreggiandola sotto l'ambigua complessità democristiana, il Cavaliere ha creato un senso comune ribelle e d'ordine, rivoluzionario e conservatore, di rottura esterna e di garanzia interna, che lui muove e agita a seconda delle fasi e delle convenienze, in totale libertà: perché non deve rispondere ad una vera opinione pubblica nel partito (che non ha mai avuto un congresso dal 1994) e nel Paese, bastandogli un'adesione, un applauso, una vibrazione di consenso, come succede quando la politica si celebra in evento, i cittadini diventano spettatori e i leader si trasformano in moderni idoli, per usare la definizione di Bauman. Idoli tagliati a misura della nuova domanda che non crede più in forme di azione collettiva efficace, idoli "che non indicano la via, ma si offrono come esempi". Sta qui il fondamento del risorgente populismo berlusconiano, un populismo della modernità, che supera la cattiva prova di governo del quinquennio di destra a Palazzo Chigi, l'età avanzata, l'usura ripetitiva, la fatica del linguaggio, il gigantismo delle promesse, le ossessioni private trasformate in priorità della Repubblica, come il perenne regolamento di conti con la magistratura.
Ecco perché il populismo può fare da cornice coerente alle paure di cui la Lega è imprenditrice al Nord, rassicurando nella delega carismatica al leader lo spaesamento del Paese minuto, e il suo spavento popolare per ciò che non riesce a dominare. Così, l'Italia del voto sembra più alla ricerca di rassicurazione che di cambiamento.



2) Il trionfo della Lega Nord, un evento inaspettato.
Tale fenomeno ha una sua ragion d’essere se si considera quella che è la natura del partito, che perdendo i suoi tratti caratteristici di partito di protesta e di rottura, ha assunto le sembianze di quello che può essere definito come partito regionale. Un partito regionale, come scrive Angelo Panebianco nel Corriere della Sera del 17 Aprile, è un partito che sfugge alle classiche etichette destra/sinistra: imponendosi come portavoce di una certa area territoriale, che aspira a rappresentare in modo monopolistico, è un partito interclassista e comunitario. E' un partito-comunità. Per un gruppo politico siffatto, avere un ruolo nel governo nazionale è importante ma solo se ciò rende più efficace la sua azione a favore della comunità territoriale rappresentata. La sua vera forza sta nel controllo delle amministrazioni locali e in una presenza capillare sul territorio. Come ha osservato Andrea Romano (La Stampa), non si capisce la Lega Nord se non si tiene conto della capacità che Umberto Bossi ha avuto nel corso degli anni di fare crescere una classe dirigente locale, di giovani amministratori, spesso abili, e capaci di tenersi in sintonia con le domande dei loro amministrati[…].un partito regionale come la Lega Nord vive e prospera in virtù di un rapporto «contrattuale», di scambio, su temi concretissimi, che toccano direttamente le loro vite e i loro interessi, con i propri rappresentati. A dare forza alla sua azione, a spiegare il suo radicamento e i suoi successi, sono due circostanze. In primo luogo, il fatto che un partito regionale non deve preoccuparsi, a differenza dei grandi partiti nazionali, delle «compatibilità» (se non quando non preoccuparsene danneggerebbe i territori rappresentati) e degli interessi nazionali[…] In secondo luogo, il fatto che il comunitarismo territoriale che lo ispira gli permette di muoversi «come se» le popolazioni rappresentate fossero internamente omogenee. Per l'interclassismo comunitario, «se ci guadagna» il territorio, ci guadagnano tutti i suoi abitanti.



3) La scomparsa di una rappresentanza della componente socialista e comunista nel Parlamento Italiano.
Il fatto che la Sinistra Arcobaleno e Il Partito Socialista abbiano riscosso consensi talmente bassi da non riuscire a superare la soglia di sbarramento del 4% alla Camera e tanto più dell’ 8% al Senato può essere interpretato sia come il risultato finale del gioco di veti, attacchi, critiche e riserve che ha paralizzato e affogato nel dissenso il governo Prodi, e anche perché i militanti e i simpatizzanti non hanno creduto che l'accrocco della lista fosse davvero l'embrione di un nuovo partito-movimento, bensì un espediente puramente elettorale come scrive Ezio Mauro nell’articolo già citato. Ma può anche essere ascritto all’incapacità della sinistra radicale, da 12 anni a questa parte, di comprendere i mutamenti che si stavano producendo nel paese, di rompere incrostazioni e tabù, restia a politiche animate di coraggio e fantasia e timorosa di rompere le vecchie solidarietà frontiste, secondo Ernesto Galli Della Loggia (Corriere della Sera - 16 Aprile 2008) facendo trasferire, in tal modo, a destra i voti dei cittadini a cui questa forza storicamente si rivolge. Tale fenomeno non è da considerare del tutto negativo, se si tiene presente che nella prossima legislatura ciò produrrà come primario effetto una consistente semplificazione dei gruppi parlamentari. Inoltre, si spera che, in questo periodo di forzato esilio, tali forze intraprendano una fase di dialogo con le forze moderate e riformiste del Partito Democratico. Altrimenti sono destinate a soccombere.



4) Le urne non hanno decretato la vittoria del Partito Democratico.
La campagna elettorale condotta in maniera esemplare da Walter Veltroni, con pacatezza e serietà degne di un leader democratico, riformista ed in linea con quanto avviene nel resto d’Europa, non è bastata per raccogliere i consensi della maggior parte degli italiani. Ciò nonostante, riteniamo che il PD ha saputo e continuerà a dimostrare di essere un partito che vuole distanziarsi dallo stereotipo della politica italiana. Il suo stile é stato apprezzato soprattutto all'estero (molti autorevoli quotidiani europei come il Financial Times, Le Monde, El Mundo, tanto per citare alcuni esempi, hanno invitato gli italiani a votare PD) e ha contribuito a dare dell'Italia un'immagine diversa…almeno fino all'arrivo dei risultati elettorali.
A questo punto occorrerebbe analizzare cosa non abbia funzionato.



· Secondo Ezio Mauro molti italiani non hanno saputo comprendere la portata innovativa della scelta del PD di correre da soli, una scelta che ha avuto come importante conseguenza la semplificazione del quadro politico e parlamentare.



· La novità del PD di fronte ai gravi problemi della parte più debole del Paese è stata percepita da alcuni come "politicista". E dunque per essi è stato più semplice mettere la croce su quei simboli dai quali si sentivano rassicurati, piuttosto che rischiare mettendo una croce su quel simbolo che rappresentava il nuovo.



· Il PD non è riuscito ad intercettare i voti dell’elettorato di centro, nonostante la forte e autorevole componente cattolica all’interno del partito, e questo è stato legato, in parte, dall’inserimento di candidati radicali all’interno delle liste del PD. Ma non è neppure riuscito ad intercettare i voti dell’elettorato della sinistra radicale, che probabilmente non ha compreso appieno la scelta di correre da soli e i benefici dell’introduzione di un sistema riformista.



· Ha pesato, inoltre, l’opinione comune sul governo Prodi, sia per quanto riguarda l’aspetto tasse (aumentate per far fronte ai disastri provocati dalla “creatività” del ministro Tremonti…ma i più non l’hanno compreso), sia per la litigiosità della coalizione su qualsiasi tema.



· Il PD è partito svantaggiato, da un certo punto di vista. E’ stato fondato da soli pochi mesi, le elezioni sono giunte nel bel mezzo della sua fase costituente e non ha avuto modo di ben radicarsi nel territorio.


Il risultato elettorale non mette minimamente in discussione la leadership di Veltroni sancita dal voto di 3.5 milioni di Italiani alle primarie del 14 ottobre. A lui il difficile compito di guidare l’opposizione, di battersi per l’attuazione delle riforme istituzionali di cui l’Italia ha un grande bisogno, di supportare la sfida riformistica anche dai banchi dell’opposizione, tutelare le istanze delle fasce più deboli che non trovano rappresentanza in parlamento. Se tutto ciò sarà portato avanti nel migliore dei modi, con serietà e forza, e se il PD riuscirà a radicarsi nel territorio, e non abbiamo dubbi che ciò avverrà, alle prossime elezioni riusciremo a superare di gran lunga il 33% e diventare la prima forza riformista al governo nella storia di Italia.
Eleonora Bellini e Marzia Ballardin

Nessun commento: